Wednesday, March 6, 2024
Il conflitto in Medio Oriente e la sinistra: Judith Butler descrive i massacri di Hamas come “resistenza armata”
Specchio giornaliero
Il conflitto in Medio Oriente e la sinistra: Judith Butler descrive i massacri di Hamas come “resistenza armata”
di Gerrit Bartels • 5 ore
Il filosofo americano parla a Parigi che gli attentati del 7 ottobre non sono stati né terroristici né antisemiti, ma semplicemente un attacco, forse legittimo, contro gli israeliani.
Poco dopo il 7 ottobre, la filosofa e teorica del genere americana Judith Butler, nata negli USA nel 1956 da una coppia ungherese-russa-ebrea, ha scritto un saggio sulla “London Review of Books” sui massacri di Hamas e sulle violenze pubblicato in Medio Oriente e ha tentato di contestualizzarlo, ha almeno confessato, non senza parlare continuamente del violento “dominio coloniale” israeliano: “In effetti, condanno senza riserve la violenza perpetrata da Hamas. Fu un massacro terribile e disgustoso. Questa è stata la mia prima reazione e rimane”.
È stata lei a imporre la restrizione questa domenica a Pantin, una delle banlieue di Parigi, durante una discussione sul video podcast “Paroles d’Honneur”. In una registrazione di due minuti della professoressa di retorica di Berkeley che circola sui social media da lunedì, potete vederla e sentirla parlare di come gli attacchi di Hamas siano stati una “rivolta”, “un atto di resistenza armata”. Bisogna dirlo se si vuole essere "onesti e storicamente accurati", afferma Butler.
Violenza contro i palestinesi
E ancora: “Non si è trattato di un attacco terroristico, né di un attacco antisemita, ma contro gli israeliani”. Anche qui specifica brevemente che l'intera faccenda per lei è stata spaventosa e terribile. Ma sarebbe “una sciocca” se non tenesse conto della violenza perpetrata contro i palestinesi nel corso di decenni. Qui un apparato repressivo violento, sostiene inoltre, lì una situazione di sottomissione, e se uno è “a favore o contro la resistenza armata”, “a favore o contro Hamas, ma chiamiamola almeno resistenza armata”.
Fondamentalmente, in questo evento organizzato da due organizzazioni ebraiche di sinistra e dal canale video indigeno-postcoloniale Paroles d'Honneur, Butler ha continuato il suo saggio solo poco dopo il 7 ottobre.
Non devo identificarmi con quella faccia o quel nome per nominare le atrocità che vedo.
Judith Butler
Si trattava del divieto di contestualizzazione, della presunta relativizzazione dei massacri di Hamas (Butler ha intrapreso immediatamente entrambe le cose), dell'indignazione morale sfruttata principalmente dai media, che sono insufficienti e troppo superficiali. Tutto ciò porta sempre a frasi come queste: “Vogliamo solo conoscere la storia di violenza, dolore e indignazione vissuta dagli israeliani”. O che atrocità, cioè quelle degli israeliani, sono state commesse anche contro persone “che non sono come Me. Non devo identificarmi con quel volto o quel nome per nominare le atrocità che vedo”.
Era chiaro che i tempi per un saggio del genere dallo strano titolo “La bussola del dolore” poco dopo il 7 ottobre non sembravano particolarmente buoni, dal momento che lo shock era così profondo. Ancor peggiori sono le riduzioni di Israele a uno “stato coloniale”, uno “stato di apartheid”, che Butler ha fatto senza tante storie, e la sua ignoranza di Hamas come apparato repressivo multimilionario nella Striscia di Gaza, capace di andare in guerra. Non si fa menzione dell’antisemitismo, non si parla di duecento ostaggi, non si parla dell’obiettivo di molti gruppi e stati arabi, nonché dell’Iran, di spazzare via Israele.
Attacco legittimo di Hamas?
E ora il 7 ottobre non è stato un attacco terroristico, non un attacco antisemita, ma un attacco assolutamente legittimo contro Israele, contro un apparato repressivo statale? La presa di ostaggi è legittima anche come atto di resistenza?
Bisogna parlare di pericolosa banalizzazione, addirittura di insabbiamento, e non solo di fuochi fatui selettivi. Potresti lasciare che sia Butler a parlare. Ma data la loro importanza e la loro reputazione, le loro dichiarazioni non solo risuonano maggiormente con la sinistra postcoloniale, ma sono anche ripetute a pappagallo senza contesto in un’industria culturale già gravemente dilaniata. "La resistenza spesso colpisce obiettivi illegittimi", si legge in un post su Facebook dello scienziato culturale, scrittore e giurato di lunga data del Premio Bachmann di Klagenfurt Mithu Sanyal. Dalla “resistenza armata” all’eroizzazione e perfino all’esaltazione di Hamas il cammino è quindi solo breve.
Alla fine del suo saggio “La bussola del dolore”, Butler auspicava un mondo che resistesse alla “normalizzazione del dominio coloniale” e sostenesse “l’autodeterminazione e la libertà delle persone”.